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28 giugno 2018

Icona di Abramo e Sara


collezione privata






L’icona rappresenta Abramo e Sara, in cammino, mentre lasciano alle spalle Mamre e guardano un cielo stellato.
L’essenzialità dei riferimenti sa rivelare una sconfinata profondità dell’esistere: una strada, una partenza, una Promessa, una vita condivisa. Alla scena partecipa una natura piena di luce: montagne che, nello scenario vicentino,  diventano la cresta del monte Summano.
La storia sacra ci parla di Abramo, del suo lasciare la terra e la casa di famiglia per andare in un paese, seguendo la Promessa di Dio. Eppure è una Promessa che non preserva dalle difficoltà, che non protegge dal male. Non almeno, come siamo soliti pensare noi. Una carestia costringe lui e la moglie a lasciare Canaan per l’Egitto. Qui, la sua famiglia diventa ricca e nuovamente, il nostro immaginario viene sconvolto  dal  bisogno di porre dei confini rispetto al fratello, dei limiti di rispetto e di distanza. E in questa nuova separazione, una nuova Promessa di terre sconfinate. Alle tende di Mamre, poi, la Promessa di una discendenza che non si può contare con il tentativo umano di renderla possibile: Ismaele. Di nuovo il Signore visita Abramo e Sara e a questa ospitalità offerta, Dio risponde con il dono di un figlio. L’erede della promessa fatta a Israele è portatore di una benedizione che si estenderà a tutti i popoli. Isacco è il frutto dell’ospitalità di Abramo e di Sara che, in verità, già hanno accolto Cristo: “ero straniero e voi mi avete accolto” (Mt 25,35).
 Veramente questi personaggi  aiutato a cogliere il coraggio di partire, di affrontare  il viaggio della vita, mettendo in conto l’incertezza e l’incognito, forti della Parola di Dio.


Questa icona, realizzata su tavola di legno massello utilizzando pigmenti naturale temperati con l’uovo e oro zecchino in foglia, vuole essere una memoria viva della Presenza di Colui che continuamente chiama alla gioia piena della vita!



Icona della Santa Famiglia




collezione privata

Gesù, al centro della composizione, è  portato in braccio da Maria, come Figlio di Dio, inviato dal Padre: vestito di bianco -simbolo della luce che illumina ogni essere vivente ed ogni  relazione umana - e di arancione laminato d’oro - simbolo che svela definitivamente la divinità  celata agli occhi di  chi  aspetta un Dio diverso da quello rivelato dalla Parola, stretta nella mano sinistra.
Giuseppe, in posizione emergente  indica il desiderio ed il progetto verso cui dirige i  passi portando con sé la luce della Parola, bastone che sorregge e libera.’ Il custode che coltiva il segreto come può un essere umano, al modo degli uomini, non senza dubbi, non senza fragilità indicati dal colore giallo che può significare luce e al contempo dubbio, fedeltà e nello stesso tempo tradimento. L’azzurro della tunica racconta un cammino spirituale compiuto nell’amore e nell’ascolto della volontà di Dio, rivelata attraverso segni non sempre facili da comprendere e da riconoscere, come  suggerisce il Vangelo parlando di sogni e di visite di angeli.
Maria, serenamente, guarda Gesù e svelare  la possibilità di dare un senso altro a ciò che accade nella vicenda umana. Il Signore è veramente colui che “ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri..per sempre” (Lc1,54). Lui è  presenza provvidente, che illumina, consola, incoraggia nel cuore della nostra storia reale. Santa Maria, nel colore dei suoi abiti, ricorda a tutti il mistero di una umanità di donna (il blu di una tunica qui non visibile) totalmente rivestita di amore che viene da Dio (rosso). In lei si è compiuto quel progetto che il Padre ha pensato per ciascuno di noi: una vita ricevuta come opportunità preziosa  per costruire, relazione dopo relazione, la propria identità di figli amati e amanti. Le tre stelle indicano l’impossibile di Dio: una Vergine concepisce e partorisce un bimbo, contro tutte le conoscenze e aspettative umane!


Possa, questa icona della S. Famiglia di Nazareth, fermare spesso lo sguardo di chi la osserva: aprire all’ascolto del passato, suscitare domande per il futuro  e rivelare nell’oggi  la roccia su cui costruire la propria casa, perché i venti che soffiano e i fiumi che straripano la lambiscano senza arrecare alcun danno. Tutto ciò diventi, giorno dopo giorno, motivo di gratitudine e di lode che non conoscono tramonto.


24 giugno 2018

Relazione


Anche chi si trovasse, questa sera, per la prima volta davanti ad un’icona,  intuirebbe la spiccata simbolicità di questo genere di immagine. I volti, gli edifici, i paesaggi non seguono le regole dell’estetica classica, del realismo, dell’imitazione del reale. Se, poi, accostassimo icone diverse tra loro, saremmo colpiti dalla ripetitività di  un comune linguaggio, pur percependo una diversità di stile, di interpretazioni, di armonia e di abilità dell’iconografo. 
Questa ripetitività nasce dal fatto che l’icona esprime un linguaggio ecclesiale e non esclusivamente soggettivo. Pari alla Scrittura che continuiamo a leggere - come si è formata nel canone, per scoprirvi la Parola di Dio contenuta in essa - così  l’icona -nata nei primi secoli del cristianesimo, come frutto della lunga  riflessione teologica e cristologica della Chiesa - chiede di essere contemplata ed ascoltata per raccogliere quello che lo Spirito vuole rivelare attraverso di essa.




Stasera, dunque, con lo spirito di chi ama curare, custodire, approfondire la propria fede, e continuare a scoprire la ricchezza, la bellezza e la felicità del credere- passando, come dice S. Paolo, “di fede in fede” (Rom 1,17) - ci mettiamo in ascolto dell’icona che rivela lo Spirito come l’autore e il perfezionatore della vita in Cristo. Contempliamo  la luce e  il calore del fuoco dello Spirito.
Restiamo brevemente in raccoglimento conservando questa Promessa di GesùA questa Promessa segue l’evento raccontato, nella duplice versione del Vangelo e degli Atti. L’icona segue la narrazione degli Atti degli Apostoli.



 Siamo di fronte ad un’icona che si ispira ad uno stile  russo probabilmente del XVIII secolo.
La struttura dell'icona ricorda l'Ultima Cena: allora gli apostoli si stringevano intorno a Gesù per accogliere il suo testamento; ora si raccolgono intorno a Maria per  pregare, in attesa che Gesù compia la sua Promessa: quella dello Spirito. La scena si svolge nella stessa stanza la «camera alta» di Sion. Chi, meglio di Maria poteva custodire e accompagnare questa attesa dei discepoli? La Madre di Dio e degli uomini, che ha conosciuto la potenza dello Spirito nell'Annunciazione, sembra rassicurare gli apostoli turbati per il forte vento che si abbatte gagliardo e che riempie tutta la casa dove si trovano.  Le lingue di fuoco che appaiono, che si dividono e che si posano su ciascuno di loro illuminano le loro menti mentre si aprono all’incontro e al dialogo, in un circolo d’Amore.
 In questa Chiesa nascente, lo Spirito Santo riveste di forza gli apostoli, ricorda loro tutte le parole di Cristo e li rende testimoni del Vangelo sino agli estremi confini della terra. Maria, nuovamente visitata dalla fecondità dello Spirito Santo, diviene Madre della Chiesa. 

LA PREGHIERA
Al centro della composizione sono  le mani di Maria  aperte, in segno di preghiera, di abbandono. E’ interessante che anche la consegna agli uomini si compie alzando le mani…. Non usare le mani in qualche modo è smettere di lavorare, di agire per dedicarsi ad un altro lavoro che l’icona pone al centro della sua composizione: il lavoro interiore. Al primo sguardo, riceviamo il messaggio che nella preghiera possiamo fare l’esperienza descritta dall’icona e cioè sentire un fuoco vivo in noi. 





   LE FIAMME 
 Una fiamma di fuoco divino entra in ciascuna delle tredici persone presenti: Maria e gli apostoli. Quella fiammella, posta sul capo di ciascuna persona, vuole farci comprendere che lo SS si trova in noi, è stato messo in noi e da dentro di noi ci infiamma e ci illumina. Santi monaci, come Serafino di Sarov o Teofane il Recluso, parlano di questo fuoco percepito  come il più grande dono dello Spirito Santo. Così si esprime Teofane: “Il segno dell’ avvento dello Spirito è il sorgere di un calore nel cuore. Il primo frutto del calore che viene da Dio è di raccogliere tutti i pensieri in uno solo e concentrarli su Dio”. Decentrarci da noi e mettere al centro le Promesse di Dio ecco il primo frutto dello Spirito, del fuoco che l’icona ci rivela e che  S. Paolo esprime così: “prego..perchè il Padre vi conceda di essere potentemente rafforzati dallo Spirito nell’uomo interiore. Che Cristo abiti, per fede, nei vostri cuori….” (Ef3,14).


  
   LA COMPOSIZIONE DEI VOLTI
     Per affermare come l’interiorità sia il punto vitale per l’incontro personale con Dio, l’icona compone i volti aureolati, che esprimono pienezza di vita, a partire da un punto posto all’altezza degli occhi riconosciuto come il cuore. Il cuore inteso in senso biblico: luogo delle decisioni, delle facoltà, del discernimento. Se la pienezza di vita di questi 13 santi nasce da questo punto che è il cuore è perché nel cuore c’è una presenza capace di trasformarci. E l’icona dice che questa trasformazione è progressiva….non è uno stadio da raggiungere. È un cammino dal primo fino al terzo cerchio…. Semplicemente nel fare i volti, l’icona conserva il significato autentico dello spirituale e dell’azione dello Spirito Santo, nella tradizione cristiana. Nella struttura compositiva del ritratto iconografico e nell’apposizioni delle luci è celato il significato profondo del fuoco dello Spirito, dell’azione delle energie del Risorto

 I COLORI
 il rosso e l’azzurro, azzurro/verde sembrano dominare. Colori che nell’iconografia hanno un significato importantissimo: esprimo l’umanità (il blu/azzurro) e la divinità (il rosso). Quindi siamo di fronte ad un’icona di questi due temi parla del senso del nostro esistere, della direzione e quindi  della nostra origine, del Principio e del Senso, di ciò che è a fondamento della nostra esistenza. Per amore Dio si è fatto uomo perché si facesse Dio, figli nel Figlio. Somiglianti al Padre ma non senza la carne, il limite, la nostra realtà fragile e limitata. Piuttosto dentro di essa, proprio nel nostro peccato, nelle nostre paure, nelle ansie possiamo scoprire lo Spirito di Dio all’opera in noi per farci vivere una vita come piace a Dio, per realizzare il suo Regno. E’ la divino umanità di cui parla Paolo a Timoteo: “quando sono debole allora sono forte, della forza di Dio. “cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi io sono il primo. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia perché Gesù Cristo mostrasse in me per primo tutta la sua longanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in Lui per avere la vita eterna.” (Tim 1,15-16).
Erroneamente pensiamo che la santità vada cercata nella perfezione. Paolo ci dice che nella nostra realtà, quella che normalmente ci pesa, quella di cui difficilmente parliamo e condividiamo, quella che ci fa soffrire e forse ci vergogniamo, proprio quella è quel terreno capace di frantumare la nostra autosufficienza per metterci all’ascolto dello Spirito che in noi parla con gemiti inesprimibili, per portare a compimento la nostra vita..E’ nella paura di quel Cenacolo chiuso che lo Spirito irrompe come fuoco e lo si può riconoscere come tale per i segni che lascia. La paura si trasforma in parola udibile da tutte le voci. E con Maria tutti possiamo dire: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome!"





 IL CERCHIO 
 Il cerchio ci va vedere che il compimento della vita del cristiano è la circolazione, è la relazione, è il dialogare, è l’incontrarsi. Come nell’icona della Trinità, l’amore che vive in Dio è rappresentato dalla circolarità così è qui. Come dire l’amore a cui ci può portare lo Spirito se non con il cerchio dove non c’è inizio né fine ma c’è un per sempre perché la carità non avrà mai finE.
Questo è il sogno di Dio! Questa l’azione dello Spirito santo che in noi continua ad invitarci all’amore anche quando tutto sembra affermare che l’amore non vale, non ripaga, non vince.


Se, contemplando questa icona questa sera abbiamo sentito in noi muoversi qualcosa verso l’amore allora possiamo dire che una lingua di fuoco si è posato su questo Cenacolo. Allora possiamo dire che aver insieme questa icona è stato un evento spirituale, un evento cioè capace di suscitare in noi un incontro con il Dio Vivente perché la nostra gioia sia piena.

 E’ la gioia di questi edifici vestiti a festa per celebrare l’incontro di Dio con la persona..A lui la lode e la gloria nei secoli! Amen, anzi….Amin  






Incontro


16 giugno 2018

Presentazione



                 

           Benvenuta/o in questo blog dedicato alla dimensione spirituale dell'atto di scrivere e di leggere le icone. 
            Sono sempre più convinta che l'Icona, come la Scrittura, possa dischiudere quel ritmo profondo che abita la vita; favorire l'incontro con la Parola che Dio  rivolge a ciascuno e alla storia.
             Quando i gesti si fanno più calmi e spontanei, ci accorgiamo che qualcosa accade in noi: un colore, un significato, un simbolo hanno reso possibile un incontro. Te ne accorgi perché  resta la gratitudine!
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          


   Ritmo profondo - tempera all'uovo su tavola di  legno