Anche chi si
trovasse, questa sera, per la prima volta davanti ad un’icona, intuirebbe la spiccata simbolicità di questo genere di immagine. I volti, gli
edifici, i paesaggi non seguono le regole dell’estetica classica, del realismo,
dell’imitazione del reale. Se, poi, accostassimo icone diverse tra loro, saremmo colpiti dalla
ripetitività di un comune linguaggio,
pur percependo una diversità di stile, di interpretazioni, di armonia e di
abilità dell’iconografo.
Questa ripetitività nasce dal fatto che l’icona esprime un linguaggio ecclesiale e non esclusivamente soggettivo. Pari alla Scrittura che continuiamo a leggere - come si è formata nel canone, per scoprirvi la Parola di Dio contenuta in essa - così l’icona -nata nei primi secoli del cristianesimo, come frutto della lunga riflessione teologica e cristologica della Chiesa - chiede di essere contemplata ed ascoltata per raccogliere quello che lo Spirito vuole rivelare attraverso di essa.
Stasera, dunque, con lo spirito di chi ama curare, custodire, approfondire la propria fede, e continuare a scoprire la ricchezza, la bellezza e la felicità del credere- passando, come dice S. Paolo, “di fede in fede” (Rom 1,17) - ci mettiamo in ascolto dell’icona che rivela lo Spirito come l’autore e il perfezionatore della vita in Cristo. Contempliamo la luce e il calore del fuoco dello Spirito.
Restiamo brevemente in raccoglimento conservando questa Promessa di Gesù. A questa Promessa segue l’evento raccontato, nella duplice versione del Vangelo e degli Atti. L’icona segue la narrazione degli Atti degli Apostoli.
Siamo di fronte ad un’icona che
si ispira ad uno stile russo
probabilmente del XVIII secolo.
La
struttura dell'icona ricorda l'Ultima Cena: allora gli apostoli si stringevano
intorno a Gesù per accogliere il suo testamento; ora si raccolgono intorno a
Maria per pregare, in attesa che Gesù compia la sua
Promessa: quella dello Spirito. La scena si svolge nella stessa stanza
la «camera alta» di Sion. Chi, meglio di Maria poteva custodire e accompagnare
questa attesa dei discepoli? La Madre di Dio e degli uomini, che ha conosciuto
la potenza dello Spirito nell'Annunciazione, sembra rassicurare gli apostoli
turbati per il forte vento che si abbatte gagliardo e che riempie tutta la casa
dove si trovano. Le lingue di fuoco che appaiono, che si dividono e che
si posano su ciascuno di loro illuminano le loro menti mentre si aprono
all’incontro e al dialogo, in un circolo d’Amore.
In questa
Chiesa nascente, lo Spirito Santo riveste di forza gli apostoli, ricorda loro
tutte le parole di Cristo e li rende testimoni del Vangelo sino agli estremi
confini della terra. Maria, nuovamente visitata dalla fecondità dello
Spirito Santo, diviene Madre della Chiesa.
LA PREGHIERA
Al centro della composizione sono le mani di Maria aperte, in segno di preghiera, di abbandono. E’ interessante che anche la
consegna agli uomini si compie alzando le mani…. Non usare le mani in qualche
modo è smettere di lavorare, di agire per dedicarsi ad un altro lavoro che
l’icona pone al centro della sua composizione: il lavoro interiore. Al primo sguardo, riceviamo il messaggio che
nella preghiera possiamo fare l’esperienza descritta dall’icona e cioè sentire
un fuoco vivo in noi.
LE FIAMME
Una fiamma di fuoco
divino entra in ciascuna delle tredici persone presenti: Maria e gli apostoli. Quella fiammella, posta sul
capo di ciascuna persona, vuole farci comprendere che lo SS si trova in noi, è
stato messo in noi e da dentro di noi ci infiamma e ci illumina. Santi monaci,
come Serafino di Sarov o Teofane il Recluso, parlano di questo fuoco
percepito come il più grande dono dello
Spirito Santo. Così si esprime Teofane: “Il segno dell’ avvento dello Spirito è
il sorgere di un calore nel cuore. Il primo frutto del calore che viene da Dio
è di raccogliere tutti i pensieri in uno solo e concentrarli su Dio”.
Decentrarci da noi e mettere al centro le Promesse di Dio ecco il primo frutto
dello Spirito, del fuoco che l’icona ci rivela e che S. Paolo esprime così: “prego..perchè il Padre
vi conceda di essere potentemente rafforzati dallo Spirito nell’uomo interiore.
Che Cristo abiti, per fede, nei vostri cuori….” (Ef3,14).
LA COMPOSIZIONE DEI VOLTI
Per
affermare come l’interiorità sia il punto vitale per l’incontro personale con
Dio, l’icona compone i volti aureolati, che esprimono pienezza di vita, a
partire da un punto posto all’altezza degli occhi riconosciuto come il cuore.
Il cuore inteso in senso biblico: luogo delle decisioni, delle facoltà, del
discernimento. Se la pienezza di vita di questi 13 santi nasce da questo punto
che è il cuore è perché nel cuore c’è una presenza capace di trasformarci. E
l’icona dice che questa trasformazione è progressiva….non è uno stadio da raggiungere.
È un cammino dal primo fino al terzo cerchio…. Semplicemente nel fare i volti, l’icona conserva il
significato autentico dello spirituale e dell’azione dello Spirito Santo, nella
tradizione cristiana. Nella struttura compositiva del ritratto iconografico e
nell’apposizioni delle luci è celato il significato profondo del fuoco dello
Spirito, dell’azione delle energie del Risorto
I COLORI
il rosso e
l’azzurro, azzurro/verde sembrano dominare. Colori che nell’iconografia hanno un significato
importantissimo: esprimo l’umanità (il blu/azzurro) e la divinità (il rosso).
Quindi siamo di fronte ad un’icona di questi due temi parla del senso del
nostro esistere, della direzione e quindi
della nostra origine, del Principio e del Senso, di ciò che è a
fondamento della nostra esistenza. Per amore Dio si è fatto uomo perché si
facesse Dio, figli nel Figlio. Somiglianti al Padre ma non senza la carne, il
limite, la nostra realtà fragile e limitata. Piuttosto dentro di essa, proprio
nel nostro peccato, nelle nostre paure, nelle ansie possiamo scoprire lo
Spirito di Dio all’opera in noi per farci vivere una vita come piace a Dio, per
realizzare il suo Regno. E’ la divino umanità di cui parla Paolo a Timoteo:
“quando sono debole allora sono forte, della forza di Dio. “cristo Gesù è
venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi io sono il primo. Ma
appunto per questo ho ottenuto misericordia perché Gesù Cristo mostrasse in me
per primo tutta la sua longanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in
Lui per avere la vita eterna.” (Tim 1,15-16).
Erroneamente
pensiamo che la santità vada cercata nella perfezione. Paolo ci dice che nella
nostra realtà, quella che normalmente ci pesa, quella di cui difficilmente
parliamo e condividiamo, quella che ci fa soffrire e forse ci vergogniamo,
proprio quella è quel terreno capace di frantumare la nostra autosufficienza
per metterci all’ascolto dello Spirito che in noi parla con gemiti
inesprimibili, per portare a compimento la nostra vita..E’ nella paura di
quel Cenacolo chiuso che lo Spirito irrompe come fuoco e lo si può riconoscere
come tale per i segni che lascia. La paura si trasforma in parola udibile da
tutte le voci. E con Maria tutti possiamo dire: “Grandi cose ha fatto per me
l’Onnipotente e Santo è il suo nome!"
IL CERCHIO
Il cerchio
ci va vedere che il compimento della vita del cristiano è la circolazione, è la
relazione, è il dialogare, è l’incontrarsi. Come nell’icona della Trinità,
l’amore che vive in Dio è rappresentato dalla circolarità così è qui. Come dire
l’amore a cui ci può portare lo Spirito se non con il cerchio dove non c’è
inizio né fine ma c’è un per sempre perché la carità non avrà mai finE.
Questo è il sogno di
Dio! Questa l’azione dello Spirito santo che in noi continua ad invitarci
all’amore anche quando tutto sembra affermare che l’amore non vale, non ripaga,
non vince.
Se, contemplando
questa icona questa sera abbiamo sentito in noi muoversi qualcosa verso l’amore
allora possiamo dire che una lingua di fuoco si è posato su questo Cenacolo. Allora
possiamo dire che aver insieme questa icona è stato un evento spirituale, un
evento cioè capace di suscitare in noi un incontro con il Dio Vivente perché la
nostra gioia sia piena.
E’ la gioia di questi edifici vestiti a festa per celebrare l’incontro di Dio con la persona..A lui la lode e la gloria nei secoli! Amen, anzi….Amin