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13 maggio 2025

I martiri della fraternità




 

Icona dei martiri della fraternità

 

Questa icona, commissionata dalla comunità parrocchiale San Domenico di Villaverla in occasione della beatificazione di Vittorio Faccin, Luigi Carrara, Giovanni Didonè ed Albert Joubert, martiri in Congo, vuole essere una finestra aperta sul sogno del Padre di vedere i propri figli vivere in questo mondo da fratelli, anche al prezzo di spezzare la propria vita  Ogni icona, infatti, vuole farci gustare la gioia e la bellezza di una vita che si lascia trasfigurare dall’amore, grazie all’azione incessante dello Spirito Santo.

I quattro Martiri sono vestiti con le vesti candide del battesimo e dei testimoni dell’Apocalisse al cospetto di Dio, con toni diversi a ricordare le diversità di ciascuno; la palma, simbolo del martirio, è trattenuta con leggerezza a suggerire la consolazione ricevuta da Dio nel momento dell’estrema consegna delle loro vite.

Tre di loro, Luigi, Giovanni ed Albert, a memoria del loro ministero presbiterale, vestono la stola verde in uso nella Chiesa per la liturgia del tempo Ordinario che celebra la vita quotidiana.  Il beato martire Vittorio, quale fratello laico, porta nella mano una cassettina di pronto soccorso per ricordare la sua sollecitudine per la cura dei corpi feriti, un eloquente richiamo alla cura lodata da Gesù nella casa di Betania, quando una donna cosparse di olio profumato i suoi piedi. Come “Fratello Compassionevole”, Vittorio si dedicava ai malati e sofferenti senza alcuna distinzione tra amici o nemici ma compiendo il suo desiderio profondo di essere una vita totalmente offerta.

 

            I Beati al centro guardano la croce gloriosa e gemmata, simbolo della risurrezione promessa. In segno di rispetto, è portata da due confratelli, a mani coperte; sul drappo rosso, colore del divino, dell’amore, del martirio, sono dipinti dei cerchi con un fiore a sei petali, antichissimo simbolo del Crocifisso Risorto sbocciato nella sua totale bellezza nel mondo, Al centro della croce risplende un volto di Cristo che porta sull’aureola d’oro la croce con l’iscrizione del nome di Dio rivelato a Mosè. In Gesù il “Dio con noi” si fa massimamente vicino nella croce.

 

            Le mani, sulle spalle del compagno vicino, vogliono esprime il legame di fraternità vissuto fino alle estreme conseguenze: un legame umano (mano scoperta) e divino (mano coperta) nella totale generosità e rispetto.

 

            Sotto di loro, si trova un richiamo alla terra del Congo, da loro tanto amata. È visibile il lago Tanganika, nei cui pressi venne eretta la missione di Baraka dove trovarono la morte fratel Vittorio Faccin e don Luigi Carrara e le montagne vicine al lago che ospitavano la missione di Fizi, dove vennero trucidati don Giovanni Didonè e don Albert Joubert.

La montagna e il lago si trovano sotto la croce gloriosa creando un richiamo all’altro monte del supplizio, il Golgota per rivelare il cammino di cristificazione compiuta da questi fratelli.

 

            Infine, un pregnante significato giunge anche dalla collocazione dell’icona. Posta su una colonna del presbiterio, l’immagine partecipa alla vita liturgica: i beati Vittorio ed Albert, ai lati dell’icona, hanno lo sguardo rivolto verso la Comunità riunita per celebrare l’Eucarestia. Con l’Epiclesi allo Spirito Santo, il Celebrante, durante la Santa Messa, chiede a Dio di trasformare i fedeli in fratelli, i singoli in comunità, i tanti in uno.             La fraternità, sogno di Dio, è mostrata visibilmente dai Martiri del Congo ed è sollecitata in ogni fedele che sosta davanti a questa santa immagine.

           

Nel Giubileo della Speranza possa quest’icona custodire la memoria e la presenza di questi fratelli del Signore, che nella speranza della risurrezione hanno trovato il  coraggio e la forza di essere testimoni in qualunque situazione la vita li spingesse!

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