Pigmenti ad encausto su tavola di legno, cm 40 x 30
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21 giugno 2025
Icona Santa Madre di Dio della Speranza
Il tema della speranza in questa icona si fa promessa e segno.
Ambientata nel giardino di Eden, reso visibile
dalla vegetazione e dalla presenza dell’albero della Vita e quello del bene e
del male, l’icona rappresenta la prima Promessa di un amore più grande del male,
rivolta da Dio all’umanità (Gn 3,15), chiamata dalla tradizione Protovangelo.
La Buona notizia annuncia la definitiva vittoria sulla morte dei tempi
escatologici richiamati dalle iscrizioni del libro aperto e liberato dai
sigilli[1]:
Mentre si proclama
la lotta tra il serpente (qui inteso nel senso simbolico di potenza del male e
del peccato) la stirpe della donna, cioè l’umanità, a quest’ultima viene
già accordata la promessa e la speranza della vittoria sul serpente. C’è
dunque la caduta e nella caduta la speranza della risurrezione, la
promessa di Dio: verrà il giorno in cui il serpente sarà vinto, sarà
schiacciato dall’umanità. Il testo assume connotati escatologici.[2]
S. Maria è la nuova Eva che porta il segno
dell’Emmanuele quale “nuovo Adamo”[3]
che con la sua obbedienza “fino alla morte di croce”[4],
sana sovrabbondantemente la disobbedienza di Adamo[5]
compiendo e rivelando definitivamente, con la sua risurrezione, tutte le
Promesse di bene di Dio all’umanità[6].
La speranza che questa icona vuole celebrare si fa
oggettiva perché fondata sulla fedeltà di Dio alle sue Promesse e al tempo
stesso storica perché resa segno possibile dal “si” di Maria e di Gesù,
invitando ciascuno di noi a pronunciarlo nelle sfide della vita.
Pigmenti ad uovo su tavola di legno massello ingessata, secondo l'antica tradizione dell'arte bizantina, oro zecchino in foglia, cm 37 x 60
Non solo icone....L' Angelo custode
Non solo icone,,, La danza della Vita 2
La Danza della Vita, pigmenti ad encausto su tema, cm 24 x 18
"Mettimi come sigillo sul tuo cuore!"
Ct 8,6
Non solo icone.....La danza della Vita
16 maggio 2025
13 maggio 2025
I martiri della fraternità
Icona dei martiri della fraternità
Questa
icona, commissionata dalla comunità parrocchiale San Domenico di Villaverla in
occasione della beatificazione di Vittorio Faccin, Luigi Carrara, Giovanni
Didonè ed Albert Joubert, martiri in Congo, vuole essere una finestra aperta
sul sogno del Padre di vedere i propri figli vivere in questo mondo da
fratelli, anche al prezzo di spezzare la propria vita Ogni icona, infatti, vuole farci gustare la
gioia e la bellezza di una vita che si lascia trasfigurare dall’amore, grazie
all’azione incessante dello Spirito Santo.
I
quattro Martiri sono vestiti con le vesti
candide del battesimo e dei testimoni dell’Apocalisse al cospetto di Dio,
con toni diversi a ricordare le diversità di ciascuno; la palma, simbolo del martirio, è trattenuta con leggerezza a
suggerire la consolazione ricevuta da Dio nel momento dell’estrema consegna
delle loro vite.
Tre
di loro, Luigi, Giovanni ed Albert, a memoria del loro ministero presbiterale,
vestono la stola verde in uso nella
Chiesa per la liturgia del tempo Ordinario che celebra la vita quotidiana. Il beato martire Vittorio, quale fratello
laico, porta nella mano una cassettina
di pronto soccorso per ricordare la sua sollecitudine per la cura dei corpi
feriti, un
eloquente richiamo alla cura lodata da Gesù nella casa di Betania, quando una
donna cosparse di olio profumato i suoi piedi. Come “Fratello Compassionevole”,
Vittorio si dedicava ai malati e sofferenti senza alcuna distinzione tra amici
o nemici ma compiendo il suo desiderio profondo di essere una vita totalmente
offerta.
I
Beati al centro guardano la croce
gloriosa e gemmata, simbolo della risurrezione promessa. In segno di
rispetto, è portata da due confratelli, a mani coperte; sul drappo rosso, colore del divino,
dell’amore, del martirio, sono dipinti dei cerchi
con un fiore a sei petali, antichissimo simbolo del Crocifisso Risorto
sbocciato nella sua totale bellezza nel mondo, Al centro della croce risplende
un volto di Cristo che porta
sull’aureola d’oro la croce con l’iscrizione del nome di Dio rivelato a Mosè.
In Gesù il “Dio con noi” si fa massimamente vicino nella croce.
Le mani, sulle spalle del compagno vicino, vogliono esprime il legame
di fraternità vissuto fino alle estreme conseguenze: un legame umano (mano
scoperta) e divino (mano coperta) nella totale generosità e rispetto.
Sotto di loro, si trova un richiamo
alla terra del Congo, da loro tanto
amata. È visibile il lago Tanganika, nei cui pressi venne eretta la missione di
Baraka dove trovarono la morte fratel Vittorio Faccin e don Luigi Carrara e le
montagne vicine al lago che ospitavano la missione di Fizi, dove vennero
trucidati don Giovanni Didonè e don Albert Joubert.
La
montagna e il lago si trovano sotto la croce gloriosa creando un richiamo
all’altro monte del supplizio, il Golgota per rivelare il cammino di
cristificazione compiuta da questi fratelli.
Infine, un pregnante significato
giunge anche dalla collocazione dell’icona. Posta su una colonna del
presbiterio, l’immagine partecipa alla vita liturgica: i beati Vittorio ed
Albert, ai lati dell’icona, hanno lo sguardo
rivolto verso la Comunità riunita per celebrare l’Eucarestia. Con
l’Epiclesi allo Spirito Santo, il Celebrante, durante la Santa Messa, chiede a
Dio di trasformare i fedeli in fratelli, i singoli in comunità, i tanti in uno.
La fraternità, sogno di Dio, è
mostrata visibilmente dai Martiri del Congo ed è sollecitata in ogni fedele che
sosta davanti a questa santa immagine.
Nel
Giubileo della Speranza possa quest’icona custodire la memoria e la presenza di
questi fratelli del Signore, che nella speranza della risurrezione hanno
trovato il coraggio e la forza di essere
testimoni in qualunque situazione la vita li spingesse!